mercoledì 4 novembre 2015

Mi sarei anche rotto i coglioni.

Sveglia dal lunedì al venerdì alle ore 6:50, mi prendo quindici minuti per superare il trauma del risveglio, mi rigiro a letto a destra, poi a sinistra, poi guardo l'ora e sono già le 7:10, "cazzo, devo alzarmi", penso tutte le maledette mattine, venti minuti per prepararsi e fare colazione in fretta stile Fantozzi ed esco da casa.
Sul piazzale di casa mi aspettano i miei due cani: li accarezzo, ci gioco cinque minuti prima di partire; poi arriva il gatto, due coccole anche a lui e salgo in macchina, li guardo dal sedile della macchina, loro mi guardano, io li guardo, loro prendono la palla in bocca perchè vogliono giocare, io impreco, devo partire per il lavoro, li rivedrò la sera quando è estate, sennò il mattino dopo quando fa buio presto perchè mio padre li rimette per dargli da mangiare la sera, e penso che se già mi dispiace lasciare andare gli animali senza vederli un'intera gioranta, figuriamoci quando avrò un figlio.
Accendo la macchina e parto, parto per il lavoro, "sono fortunato ad avere un lavoro fisso, di questi tempi è cosa rara, poi ora sto facendo casa, devo avere uno stipendio fisso." penso ogni volta che mi viene voglia di sfanculare tutto, ovvero tutti i giorni da un paio di anni.
Mi aspettano 43 chilometri di viaggio, circa 30 minuti rapportati in tempo; viaggio e penso, penso perchè devo sorbirmi sempre tutta questa strada, mi viene voglia di sfanculare tutto, poi mi viene in mente la stessa cosa che ho pensato uscendo dal cancello di casa: "sono fortunato ad avere un lavoro fisso, di questi tempi è cosa rara, poi ora sto facendo casa, devo avere uno stipendio fisso."
E via si viaggia, per lo meno mi va bene che incontro sempre poco traffico, la cosa positiva di viaggiare è che hai tempo per pensare, pensare a nuove trame e nuove storie da inventare, pensare a quel particolare che dovresti inserire nel tuo racconto perché sarebbe più figo, con la musica che fa da sottofondo o la radio impostata su Radio2 a tenerti compagnia.
Dopo 43 chilometri si arriva al lavoro, marco il cartellino e vado verso l'ufficio, la solita routine quotidiana con le solite facce, chi più simpatico, chi meno, chi parla alle spalle perché si crede una persona migliore, chi critica solo per il gusto di farlo, insomma la solita merda che credo si debbano sorbire il 90% delle persone di questo mondo che lavorano.
Che poi il mio lavoro mi piace, alla fine è il modo con cui ti trattano che te lo fa odiare, ma è così ovunque, ho girato 5 lavori e in tutti anche se ti impegni non sarai mai considerato niente, esci dalla scuola e vieni gettato nel mondo del lavoro come un robot, per lo meno funziona così un po' per tutti, studiamo e impariamo a lavorare per gli altri, non per noi stessi, anche se non posso lamentarmi del mio stipendio a differenza di molti che sono trattati anche peggio, un po' per via dello stato che permette certe cose e un po' per via di molti datori di lavoro che se ne approfittano.
Ma bando alle ciance, dov'ero rimasto? Ah sì!  "sono fortunato ad avere un lavoro fisso, di questi tempi è cosa rara, poi ora sto facendo casa, devo avere uno stipendio fisso."
E così passano le ore, ed arrivano le fatidiche 17:30, suona la campana di fine orario, spengo il pc, spengo le fredde luci al neon dell'ufficio che mi tengono compagnia per la maggior parte del tempo, due chiacchiere con i colleghi e si marca l'uscita.
Metto piede fuori dalla porta ed è già buio, tristezza a palate, almeno il periodo estivo esco con la luce solare, ora passo dalla luce artificiale dell'ufficio alla luce artificiale dei lampioni: tristezza a palate.
Mi aspettano altri 43 chilometri di viaggio, circa 30 minuti rapportati in tempo; viaggio, ma al ritorno non ce la faccio a pensare, la mente è troppo stanca per rendere bene, guido per la mia mezz'ora in maniera automatica, spesso non mi rendo neanche conto della strada che ho fatto e torno a casa, faccio qualche faccenda, vado in palestra a giorni alterni e sono già le nove della sera.
Una cenetta al volo e via a letto, accendo il pc e inizio a buttare giù qualche appunto per le mie storie e le idee pensate durante il giorno, correggo le bozze di quello che ho già scritto, poi guardo l'ora e sono già le undici di sera, stacco il pc, a quell'ora è il momento di staccare anche la mente, messaggio di buonanotte alla fidanzata e imposto il timer di spengimento alla televisione, accomodo la testa sul cuscino e aspetto che Sandman venga a spruzzarmi addosso la sua polverina magica.

Poi ad un tratto sento in lontananza la voce di Hefield che canta "fuel": "Gimme fuel, gimme fire
Gimme that which I desire", le note entrano sempre più dentro le orecchie e apro gli occhi, sono già le 6:50, e io mi sarei anche rotto i coglioni.
Mi alzo mi preparo, saluto le bestie (ovviamente anche mamma e papà) e parto, e io mi sarei anche rotto i coglioni.
Faccio 43 chilometri in macchina e vado al lavoro, e io mi sarei anche rotto i coglioni.
Lavoro, pranzo, lavoro, e io mi sarei anche rotto i coglioni.
Riparto torno a casa: altri 43 chilometri di viaggio, e io mi sarei anche rotto i coglioni.
Torno a casa abbattuto e stanco, e io mi sarei anche rotto i coglioni.

Però alla fine penso alla mia fidanzata, al fatto che voglio fare casa insieme a lei, e vado a finire sempre lì: "sono fortunato ad avere un lavoro fisso, di questi tempi è cosa rara, poi ora sto facendo casa, devo avere uno stipendio fisso."

Lo so' che è un discorso un po' egoistico da fare, che c'è gente che sta peggio perché non lavora, però questa non è la libertà che tanto mi immaginavo di avere quando da bambino sognavo di essere adulto,  in pratica mi sarei anche rotto i coglioni, ma questa è il prezzo da pagare per la modernità e l'era del consumismo, sperando in un futuro migliore in cui poter vivere facendo quello che mi piace fare per ora rimango con i piedi a terra.

Samuel Martyns.

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